lunedì 16 marzo 2020

a scuola dallo stregone - carlos castaneda

 



Nel 1961un antropologo della UCLA, Carlos Castaneda, si reca in Messico per una ricerca sulle piante psicotrope ed entra in contatto con un vecchio indio di etnia yaqui, un certo Don Juan. L'uomo, davanti al ricercatore armato di taccuini, risponde evasivamente alle domande e si rifiuta di insegnargli alcunché sul peyote. Poi lo induce a risolvere dei problemi apparentemente senza senso, come trovare il posto giusto dove sedersi, alla fine acconsente ad accoglierlo in un gruppetto di altri indio intenti a masticare peyote misto a carne secca.

Inizia così una sorta di catabasi, una lenta discesa agli inferi, primo movimento di ogni percorso iniziatico, o psicanalitico. Il ricercatore si trova alla mercé di forze oscure, prodigiose, che lo stregone chiama 'alleati'. Viene deriso e tratto in salvo per i capelli da 'luoghi dove non si deve andare', viene introdotto alla temibile datura, una radice che lo catapulta nell'esperienza sciamanica del volo, risvegliandosi a un chilometro di distanza dal luogo dove aveva spiccato il volo. Ma quando inizia a domandarsi quanto le sue sensazioni fossero state oggettivamente reali, quando si chiede se dei suoi amici lo avrebbero visto volare, a formulare ipotesi, Don Juan torna ad essere evasivo, per poi concludere con una delle sue battute spiazzanti:

"Se ti leghi a una roccia con una catena, temo che dovrai volare con tutta la roccia e la catena".

Ed è in questo mirabile passo del volo che Castaneda, apprendista stregone, compie l'errore che tutti compiono nell'approccio con i suoi libri: domandarsi se i fatti citati siano reali, quando invece ci viene proposto un intero universo dove convivono più realtà, tenute separate dalla nostra razionalità e dalle nostre esperienze consolidate, confermate dal 'sentire' altrui.

Questo libro, come le piante magiche, scoperchia un abisso. Toglie il tappo ad un mondo dove non siamo più in grado di guardare perché non ne abbiamo gli strumenti, ma anche perché ci fa paura. Le forze in gioco seguono regole non scritte, regole che l'autore, in questa fase della sua esperienza si affanna ad organizzare su dei taccuini. Sono forze ancestrali, che hanno a che fare tanto con gli spiriti della natura selvaggia quanto con il residuo evolutivo del rettile nella nostra amigdala. 

Il fascino della lettura, il prodigio e la paura, il senso dell'umorismo del vecchio sciamano ed i suoi insegnamenti, meritano la sospensione dell'incredulità sui contenuti. Cavillare sulla veridicità dei fatti fa sorridere come una goffa risposta ad un koan farebbe sorridere un maestro zen. E fu proprio il mio maestro di Aikido a consigliarmene la lettura. "E' molto divertente" mi disse "ma non fermarti ai prodigi, guarda gli insegnamenti." Insegnamenti che, com'era già successo con Osho, sopravvivono alla deriva settaria dei loro autori.

A scuola dallo stregone è stato un libro capace di influenzare intere generazioni, una su tutte: quella che diede vita al movimento hippy e al '68. Influenzò il genio visionario di Jodorowsky e l'uomo più pericoloso d'America secondo Nixon, Timothy Leary, il professore di Berkeley che diede vita al movimento psichedelico in California e che a sua volta influenzò Tom Robbins, uno dei miei scrittori preferiti. Era solo l'inizio di una avventura, un'avventura interiore che insieme a Jung alla psicanalisi di Freud aggiungeva una nuova prospettiva: la relazione tra mondo interiore e il pianeta sul quale viviamo

.

"Per me esiste solo il cammino lungo sentieri che hanno un cuore,

lungo qualsiasi sentiero che abbia un cuore.

Lungo questo io cammino, 

e l'unica cosa che vale è attraversarlo in tutta la sua lunghezza.

E qui io cammino, guardando, guardando, senza fiato."

 

Don Juan





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