giovedì 7 febbraio 2019

generazione x - douglas coupland



Ci son libri che segnano dei punti di svolta, nel linguaggio comune come nella visione del mondo in letteratura. Generazione X è uno di questi libri. 
Poco conosciuto in Italia ma acclamato nell’area anglosassone, più che tracciare un percorso stilistico ha funzionato da humus per autori come Chuck Palahniuk e, per certi versi, Bret EastonEllis e Irvine Welsh, che appartengono alla stessa generazione di Douglas Coupland, l’autore.

La Generazione X è nata durante gli anni più tesi della Guerra Fredda, come la crisi dei missili di Cuba, e cresciuta all’ombra della minaccia nucleare. Una generazione scettica, i cui tratti principali sono: 
un nichilismo di fondo, che cerca di mitigare con l'esistenzialismo, la consapevolezza del danno ambientale, e il rifiuto dell'eredità storica e sociale.

Tre amici, Andy, Dag e Claire, vivono le loro esistenze sospese in un presente precario in un non luogo, un’area residenziale sintetica nel deserto della California. Trascorrono il loro tempo insieme raccontandosi storie fantastiche, spesso tremende, facendo danni o scherzi esilaranti quanto borderline. Tutti e tre svolgono dei McJob, lavori precari, poco remunerativi e senza prospettive di carriera. E poco gli importa di cambiare, poiché tutti e tre avevano alle spalle occupazioni ben pagate e con buone prospettive di carriera. Un giorno hanno deciso che non ne potevano più. Dei loro capi, della mentalità competitiva, degli yuppies, del marketing del sogno americano. Guidati più dal rifiuto per un sistema vuoto e aberrante che da un risveglio interiore, e disincantati sui precedenti movimenti giovanili, la loro decisione di licenziarsi, o di farsi licenziare, non è altro che un punto di rottura. Che li porterà a una vita senza compromessi, perennemente instabile e incerta, ma immersa nel presente. Sogni futuri e passato muoiono tutti all’orizzonte.

Coniano neologismi e definizioni surreali per irridere il mondo circostante. 
Un ufficio open space è un  
'Recinto da ingrasso: postazione di lavoro piccola e angusta costruita con pannelli smontabili rivesti in stoffa, abitati in genere da un membro del personale impiegatizio. Così denominata a ricordo dei cubicoli usati dal bestiame prima della macellazione’.
Brasilificazione: Il divario sempre crescente fra ricchi e poveri e la conseguente scomparsa del ceto medio.
Questo romanzo senza una vera trama è in realtà una specie di Grande Fratello, generazionale e ante litteram. Tra aforismi, slogan, curiose definizioni, che compaiono a latere del testo come spot pubblicitari, i tre si muovono come in attesa di una svolta o di un risveglio, che non ci sarà, perché il loro è un esilio, non una ricerca. Sono paventati soprattutto da due cose: una visita ai (o peggio: dei) genitori, che loro trovano (a ragione) imbarazzanti. L'altra paura è il bombardamento nucleare.
Andy, il protagonista, arriva a sognarlo in un centro commerciale (il non luogo elettivo dell'agorafobia) ad immaginare l’intero edificio trasformarsi in un fondo a microonde, con le vetrate che fondono ed esplodono. Quasi a sperare, in una sorta di esorcismo della paura, che l’olocausto venga a spazzare via un’umanità decisamente indegna del pianeta (loro compresi) come una mano dal cielo. Perché la paura è anche un'altra: quella di vivere.

Un romanzo magnifico, afoso, solare, cinico e struggente, brillante. A un passo dal capolavoro, ma alle radici di un romanzo che lo è diventato: FightClub. 
Dove Coupland nel '91 si ferma alle domande, Fight Club di Palahniuk, nel '94, ci suggerisce feroci risposte. Trainspotting di Welsh nasce, almeno nella stesura definitiva, quasi contemporaneamente. Sono tutti romanzi che hanno raffinato le basi della cultura alternativa portandola a livelli di lirismo che poi è riuscito a trascendere l'energico, ma caotico, movimento Punk.

Un romanzo purtroppo poco conosciuto in Italia, dove, consentitemi il sospetto, può esserci stato un problema di identificazione culturale. In un paese dove il vitello d’oro della carriera e del posto fisso è stato venerato attraverso intere generazioni, e dove non c'è mai stato un vero movimento hippy, è più difficile identificarsi nella raggelante inconcludenza velatamente snob dei protagonisti. Mandare tutto agli stracci per accontentarsi di guidare auto scassate e vivere in un bungalow o in coabitazione, in Italia negli anni dello yuppismo più sfrenato era un tabù. Quelli che l'hanno infranto per lo più hanno lasciato l'Italia. Come me. Per inventarsi dei McJob, magari in riva a un mare tropicale o a Londra, ma McJob.

Ho letto questo libro solo pochi anni fa. M'avevano incuriosito alcune domande sui primi due libri che ho scritto. Due giornaliste soprattutto (curiosamente nessuna delle due viveva in Italia) mi avevano domandato se avessi mai letto Generazione X. 

Da allora l’ho letto due volte. L’ultima poco fa. 
Ovviamente i contenuti sono molto, molto diversi (e diciamolo: lo stile!) ma ci ho trovato dentro molle identiche a quelle dei miei personaggi, lo stesso rifiuto insofferente, le stesse domande. Ci ho trovato i connotati che contraddistinguono la Generazione X, la mia, anche se i miei personaggi si sono dati risposte diverse. In sostanza Generazione X mi ha ricordato chi siamo, in fondo alle nostre ossa. Una generazione, a ben guardare, il cui tratto principale è l’aver detto NO. A un sacco di cose e senza curarsi troppo delle conseguenze. 
Una generazione spesso sospesa in un limbo d’incertezze, quasi incapace di compromessi, ma che ha consegnato alla Storia il pensiero alternativo. E che si è assegnata il privilegio di diventare un Giovane Holden, alla bellezza di trent’anni.


Un libro importante. Seminale. Da non perdere. 
Soprattutto davanti al senno di poi.




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