Mi sono sempre piaciuti i gatti. Mi piacciono tutti gli animali, ma con i gatti ho un rapporto speciale. Tanti anni fa conobbi un astrologo cinese e anche se non credo che si possa prevedere il futuro, accettai di farmi fare la Carta del Cielo.
L’astrologo tracciò una strana mappa piena di simboli e calcoli misteriosi, meditò a lungo e alla fine mi disse: “Una volta, in una vita passata, sei stato un gatto, e molto felice, perché eri il gatto preferito del mandarino”.
Nella vita successiva Sepúlveda fu un gatto di strada e di giungla, un gatto di mare, infine uno di quei gatti che un giorno si accoccolano tranquilli, con le loro cicatrici che sono un libro di storia a raccontare battaglie, e aneddoti teneri come affettuose testate ad un pubblico con gli occhi lucidi.
I gatti parlano.
Murakami ci suggerisce che solo persone particolari siano in grado di capire il linguaggio dei gatti, Sepúlveda è del parere che sono i gatti a trattenersi dal farlo con noi. Come Esopo o Lafontaine usa gli animali per raccontarci della natura umana, e lui lo fa con un occhio attento anche ai nostri aspetti tribali, ma guardandosi bene dal banalizzare tutto con una rivelazione aperta sul chi è chi. All'interno delle varie tribù i gatti riescono a mantenere le loro individualità spiccate, le più grandi differenze, perché in fondo i gatti sono gli unici veri anarchici. E l'essere umano è dio o demonio, ma soprattutto Deus ex machina. Volare, come sopravvivere, non è mai scontato, neanche per un giovane uccello. Volare, come vivere, richiede fiducia, amore e coraggio. Tanto coraggio. E se volare è libertà, la libertà - come cantava anche Gaber - è partecipazione.
In memoria di Luis Sepulveda, la prima vittima celebre del COVID, un mio modesto contributo.
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